26 Mag IL FUTURO DELLA SALUTE E DEL LAVORO – intervista a Jeffrey Pfeffer
Di Jeffrey Pfeffer, Professor of Organizational Behavior, Stanford University, Visiting Professor Iese
D. Professor Pfeffer, ho letto uno dei suoi recenti articoli sulla crisi attuale e una delle argomentazioni principali da lei desunte è che nulla di fatto è cambiato, ciò che era importante prima lo è ancora di più ora. Può spiegarci come, secondo lei, la salute sia collegata all’economia e cosa altro possiamo fare in questo momento.
R: Quello che ho sottolineato nell’articolo è che la sostanza del buon management è rimasta uguale, non ha subito modifiche in questa emergenza. Abbiamo sempre fatto, o almeno avremmo sempre dovuto fare, quello che Nuria Chinchilla di IESE chiama “conciliazione famiglia-lavoro”. Chiaramente ora è diventata una questione più pressante, dato che la famiglia è a casa mentre si cerca di lavorare, ma l’idea che in generale i figli e la famiglia rappresentino un luogo diverso dal lavoro è sbagliata; c’è stato sempre bisogno di integrare la famiglia e la vita di famiglia del processo del lavoro.
Un’altra questione che ho esaminato in quell’articolo riguarda i licenziamenti che, data la crisi finanziaria, sono abbastanza frequenti. Lo Stanford Hospital, ad esempio, oggi ha annunciato la messa in congedo provvisorio di alcuni dipendenti, anche se si tratta di un ospedale. Abbiamo assistito a licenziamenti nei momenti buoni e nei momenti cattivi, semplicemente perché è qualcosa che si fa; e le persone hanno sempre avuto bisogno di un senso di sicurezza, anche prima dell’attuale crisi. Tuttavia questi licenziamenti danneggiano non solo la salute fisica e psicologica delle persone, ma in realtà anche l’azienda.
Infine, molte aziende si sono servite della crisi finanziaria e del fatto che i dipendenti lavorassero da casa per controllarli con un software che sorveglia quello che appare sullo schermo del computer o i siti web che si frequentano. Ma sappiamo da ricerche che risalgono a decenni fa che è importante per la salute delle persone poter gestire il proprio lavoro in autonomia, e lo è anche per la produttività dell’azienda.
L’autonomia, la conciliazione famiglia-lavoro, la sicurezza e il controllo del posto di lavoro sono stati argomenti importanti nel passato, lo sono altrettanto oggi e dovrebbero rimanere importanti per il futuro.
D. Molto interessante e a questo riguardo vorrei aggiungere un’altra considerazione su questo momento di crisi. Credo che ora ciò di cui abbiamo bisogno sia un quadro di cooperazione e collaborazione tra le grandi società e le medie. Le vorrei chiedere, allora, come pensa che il suo punto di vista e il suo approccio possano fornire un aiuto a un ecosistema di società e come possiamo rafforzare la cooperazione tra le piccole società e le grandi.
R. È un’ottima domanda, perché le crisi tipicamente fanno uscire non soltanto il meglio delle persone, ma anche il peggio. Ogni individuo, ogni azienda pensa soltanto a sé. In passato l’Italia era famosa per il meraviglioso ecosistema che aveva, soprattutto in alcuni settori specifici, come quello tessile o del design dove ci sono state organizzazioni molto efficaci, caratterizzate da collaborazione e cooperazione. Se si ripensa a una delle aziende che ha avuto più successo e che continua ad averne, la Toyota, ci si accorge che il motivo di tanta efficacia sta nel fatto che ha costruito intorno a sé un ecosistema formato da fornitori e aziende che hanno contribuito all’innovazione, creando dei sottosistemi interessanti. La Toyota, a differenza di altre aziende, ha capito che se si vuole avere un sistema collaborativo non è possibile avere successo a scapito dei fornitori. Si vince tutti insieme o si affonda tutti insieme. In questo senso è stata molto abile nell’aiutare i propri fornitori ad avere maggiore efficienza, diffondendo ad esempio buone pratiche di management e molte altro. Hanno condiviso le proprie conoscenze con tutto l’ecosistema, rendendosi conto che il successo di una parte dipende da quello di tutte le altre.
Quindi ritengo che, se vogliamo uscire dalla crisi in buone condizioni, dal momento che abbiamo filiere distribuite, dove ognuno è specializzato in un particolare elemento del prodotto e del servizio, ci sia assoluto bisogno di un quadro di collaborazione e di cooperazione. Tutto ciò richiede che le persone e le aziende si aiutino reciprocamente e non cerchino semplicemente di estrarre valore le une dalle altre.
D. Due dei valori più importanti in questa crisi sono la creatività e l’innovazione. Queste capacità hanno una forte relazione con la salute: una persona che è in buona salute ha maggiori possibilità di essere creativa e innovativa. Per contro, in quelle organizzazioni che si basano prevalentemente sul comando e sul controllo è più difficile essere creativi. Vorrei chiederle se si sente di dare un consiglio ai CEO o ai leader di aziende riguardo al non preoccuparsi troppo del business in sé, quanto piuttosto a pensare al futuro con creatività innovazione.
R. L’ex CEO di Procter & Gamble ha detto che il momento migliore per acquisire quote di mercato è quando i concorrenti sono in ritirata. Un collega di nome Jason Calacanis, che è un investitore informale, ha affermato che i suoi migliori investimenti li ha fatti in Uber nel 2008. Mi sembra che l’iPhone di Apple sia stato sviluppato proprio durante quella crisi e adesso abbia aumentato le proprie attività di investimento. Dalla turbolenza si produce l’opportunità. Quando tutto procede normalmente la possibilità di rivoluzionare le cose è molto minore, ora invece ci sono opportunità per nuove imprese e nuovi modelli di business, ed è quindi una buona occasione per investire.
Jim Goodnight, CEO e cofondatore di SAS Institute, la più grande azienda privata di software al mondo, ha sfruttato il 2000 per aumentare le assunzioni perché è più facile reperire dei grandi talenti quando gli altri li stanno licenziando e ha approfittato del 2008 per continuare a espandere l’azienda, senza licenziare nessuno. Questi sono esempi di aziende che si servono delle difficoltà e delle sollecitazioni del mercato per assumere personale migliore e per assicurare al personale presente che conserverà il proprio posto. Agendo in tale modo scatta un principio di reciprocità tale per cui le persone lavoreranno meglio, avranno maggiore fedeltà e s’impegneranno di più.
È molto importante, poi, tenere in considerazione il fatto che nessuno lavora al meglio quando è sottoposto a stress, quando è preoccupato per quello che potrà succedere domani, per i soldi che servono alla famiglia e all’affitto. Riuscire a dare una certa sicurezza, anche in questo momento non facile, fa scaturire gratitudine, creatività e capacità di pensare in modo efficace.
D.Un’ultima breve domanda: come pensa che creare un ambiente di cooperazione o di protezione sociale possa aiutarci a non essere così negativi nella vita quotidiana, nei rapporti con la famiglia e con i problemi di ogni giorno, e a rafforzare il prossimo movimento? E di conseguenza, vorrei chiederle se ha una routine quotidiana da consigliare a un CEO.
R. Non ho una routine giornaliera da consigliare, ma credo che la premessa della sua domanda sia giustissima. Prima del Covid-19 abbiamo diffuso il modello dell’economia statunitense in tutto il mondo, tanto che sono stati in molti a seguirlo. È un’economia basata sull’insicurezza. Negli Stati Uniti gran parte dei nuovi lavori negli ultimi dieci o quindici anni si sono creati nella cosiddetta “gig economy” dove non si sa quanto si lavorerà o quanto si guadagnerà nella prospettiva di settimane e tutto ciò genera una situazione di grande insicurezza. Ci sono molti lavoratori a contratto, e questo è diffuso anche in Europa dove le persone che hanno contratti a tempo indeterminato sono in numero minore, e si alternano licenziamenti e assunzioni. Abbiamo creato un’economia basata in gran parte sull’instabilità, invece che sulla stabilità e questo ha creato molta ansia che è una delle ragioni per cui almeno negli Stati Uniti e nel Regno Unito, i due paesi che conosco meglio, c’è un aumento dei casi di depressione; Vitality, che gestisce uno studio sui posti di lavoro nel Regno Unito, afferma che negli ultimi cinque anni i casi di depressione sono aumentati del 400%.
Le economie che abbiamo costruito non sono sostenibili. Non è possibile costruire un sistema efficace per il lungo termine sulla base della paura, dell’instabilità e dell’insicurezza. Quindi la premessa della sua domanda è giusta e saggia: se vogliamo che le persone e le aziende possano fiorire serve una certa stabilità, perché altrimenti non ci riusciranno.
D. Ancora un’ultima domanda riguardo il biohacking. È un argomento che sta attirando attenzione focalizzandosi, ad esempio, su come dormire, come mangiare e come fare esercizio nel modo migliore. In particolare nel settore del business si dà grande rilievo al rendimento e alla performance, come se il CEO debba poter guidare il business per sedici ore al giorno senza dormire. Tuttavia le conseguenze di questi comportamenti sono molto negative. Ritiene che occuparsi della propria salute, come individuo, come manager e anche come cittadino, possa avere un impatto sulla società, sul business o su altro.
R. Pienamente. Se ti dicessi che ti daranno un’automobile, ma non faranno mai alcuna manutenzione, né cambio dell’olio, né controlli al motore o alle sospensioni, né sostituzione delle parti, né riparazioni, penseresti che non è una buona idea. Hai acquistato la macchina a un costo molto alto e bisogna che si mantenga in buone condizioni. Questo vale anche per le persone, perché costituiscono un capitale e necessitano di cura, di riposo e di essere mantenute in buone condizioni. I dati ci dicono che gli individui sani sono più produttivi, e hanno risultati migliori; non è certo una sorpresa. Se hanno meno probabilità di cambiare lavoro, svolgono un lavoro migliore. Non vengono in azienda afflitti da distrazioni, ma capaci di impegnarsi completamente nella funzione che sono chiamati a svolgere.
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