26 Mag RICERCA E INNOVAZIONE
Di Fabrizio Landi (Fondazione R&I – Ricerca e Imprenditorialità), Riccardo Pietrabissa (Rettore Iuss Pavia, past president NETVAL), Daniele Di Fausto (CEO eFM)
D. Ci sono due elementi degli interventi precedenti che rimangono questioni aperte: la velocità e la complessità, due fattori che caratterizzano questi momenti di transizione. Vorrei chiedervi quali strategie suggerite e quali modelli avete forse già adottato per comprendere, governare e forse anche sfruttare l’attuale situazione.
R. Riccardo Pietrabissa: Credo che l’esperienza di questi ultimi mesi abbia fatto capire a tutti, e i giornali ce lo raccontano quotidianamente, quanto il fenomeno sia da una parte complesso dall’altra parte globale, ciò che succede in un punto si espande con rapidità enorme. Ma cosa voglia dire oggi per noi complessità è chiaro: partendo da un problema sanitario, dalla pandemia, si arriva al piano economico con un impatto sulla tecnologia, e con un fortissimo coinvolgimento di tutta la società.
In queste ultime settimane, però, sono emersi con sicurezza due elementi importanti. Il primo è il valore della competenza e della conoscenza: non ci si può improvvisare innovatori di fronte a temi di tale portata e con questa velocità. L’altro è la responsabilità, che credo sia ciò su cui sta lavorando il governo, soprattutto quella dei cittadini, che sono in parte il nucleo su cui giocare la risposta all’epidemia. In questi elementi, competenza e responsabilità, io credo ci sia un ripensamento di alcuni valori fondativi della nostra società.
Se fossimo in grado di analizzare il percorso in termini lineari, è chiaro che tutto partirebbe dalla capacità di sviluppare nuova competenza facendo ricerca e di trasmetterla alle future generazioni; il ruolo della ricerca e dell’alta formazione oggi appare, in effetti, come un seme fondamentale per questi processi. Dopodiché si ha un’innovazione che è legata tipicamente al mondo dell’impresa, ma non solo. Questo processo deve raccogliere anche il mondo delle istituzioni e basarsi su una nuova conoscenza che possa stimolare la disruptive innovation. Infine il coinvolgimento deve raggiungere la società.
In questo sistema globale la complessità è data dalla varietà di temi, di attori e del territorio e per questo richiede la partecipazione di tutti. Credo non sia più possibile osservare strumenti o idee che provengono o vanno in una direzione singola, ma che ci voglia una responsabilità corale rispetto a questi aspetti. La velocità, infatti, non è una caratteristica comune: la ricerca tipicamente ha dei tempi lunghi, mentre l’industria ha dei tempi necessariamente più rapidi. Allora combinare velocità estremamente rapide con velocità lente significa riuscire a progettare sul medio periodo, cosa che negli ultimi tempi non siamo riusciti a fare.
R. Fabrizio Landi: Riparto dal tema della velocità che credo sia determinante perché l’abbiamo toccato con mano. Il virus della peste bovina ha impiegato qualche secolo a passare nell’uomo e a diventare morbillo, malattia che ha influenzato l’umanità per migliaia di anni. Mentre nel giro di 48 ore, tra i 6 milioni di viaggiatori che sono usciti da Wuhan nei giorni prima del capodanno cinese, questo virus ha fatto il giro del mondo. La velocità, quindi, ci è stata insegnata fin dalle origini di questa incredibile situazione che viviamo.
La seconda cosa che osservo è come tutta la società occidentale, ma non solo, di colpo abbia riscoperto l’importanza della scienza e dello sviluppo a essa collegato. È evidente un certo affanno da parte della società nel capire cosa succede, come ad esempio riguardo al vaccino e al suo arrivo. E ormai gli scienziati sono diventati una sorta di guru che dettano i passi da seguire.
Tutto ciò ci dice quanto la velocità, che noi già avevamo sperimentato nel passaggio al digitale, si acceleri ulteriormente. Questo vuol dire che chi si occupa di innovazione in un tale momento ha a disposizione una grande occasione per far capire che una società, se vuol vivere, deve poter contare sullo sviluppo tempestivo di soluzioni. Non è più un tema guidato solamente dall’aspetto economico, ma dalla società nel suo insieme.
In questi giorni bisogna evitare il rischio che si smantellino in maniera esagerata innovazioni del passato. Faccio un esempio: negli ultimi trent’anni allo sviluppo tecnologico legato ai trasporti si chiedeva di renderli più veloci e più compatti per far sì che la gente si muovesse in maniera concentrata, ma ora stiamo andando quasi al contrario, dobbiamo usare la metropolitana a un quinto della sua potenzialità. Quindi va riaffermato in maniera estremamente decisa che i processi d’innovazione, che partono dal mondo della ricerca universitaria, dalla industriale e dalla pubblica o privata, devono avere un percorso fondamentale e accelerato, e quindi devono essere ripensati i valori fra i vari comparti dell’innovazione. Da questa vicenda, che durerà per molti anni, ne usciremo con la necessità di investire molto di più in certi settori e meno in altri. È evidente, poi, che la facilità con cui abbiamo girato per il mondo, l’importantissimo fenomeno con cui abbiamo vissuto gli ultimi vent’anni, prima con gli aerei, poi con il low-cost travelling, per anni andrà messo nel cassetto, perché meno persone viaggeranno, voleranno meno aerei e i biglietti saranno molto più costosi.
Nel ripensamento generale l’innovazione diventa molto più importante che in passato perché non è più solamente driver dello sviluppo economico e dei fattori a esso collegati, ma lo è anche della nostra capacità. In fondo il sistema natura, attraverso il Covid-19, ci ha avvertito che non siamo immortali e ci sta facendo pagare l’utilizzo esagerato di certe risorse. Dover essere veloci diventa, allora, il tema centrale, perché se non siamo veloci noi, come esseri umani e come sistema sociale, la natura lo sarà di più e lo ha dimostrato in maniera drammatica in questi giorni. Ciò vuol dire per il futuro maggiore innovazione, maggiore capacità di lavorare insieme e di estrarre dalla ricerca idee nuove per apportare scelte innovative alla società.
R. Daniele di Fausto: Un messaggio sintetico. Vorrei sottolineare l’importanza di condividere gli investimenti, di considerarli non soltanto individuali ma di generarli in ecosistemi, affinché i soggetti possano avere uno scambio di servizi ad alto valore senza la necessità di costruire investimenti singoli che a volte hanno una probabilità di successo molto bassa. Quindi una strada futura, visto il grande ausilio delle tecnologie, è quella appunto di immaginare degli investimenti in ecosistemi che possano dare dei benefici e dei ritorni in maniera condivisa.
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