26 Mag IL FUTURO DELLA MOBILITA’ E DELLA SALUTE
Di Tiziano Onesti (Professore Economia, Università degli studi di Roma Tre), Mauro Caruccio (CEO Toyota Motor Italia), Ugo De Carolis (Top Executive Manager)
D. Ciascuno di voi ha una grande esperienza in tema di mobilità e ha lavorato in aziende in cui il modello di business era tendenzialmente value chain, cioè con un cliente finale. Vi chiedo allora come cambierà in maniera ecosistemica il futuro della mobilità e come può lo scambio tra i servizi agevolare l’interconnessione anche in un contesto di difficoltà come questo.
R. Ugo de Carolis: Credo che ci sarà un’evoluzione dei fenomeni già visti e di quelli che sono in essere, primo tra tutti l’interoperabilità. Non penso, poi, che saranno diverse le modalità di spostamento, ma che ci sarà meno mobilità. Dal Covid-19 abbiamo imparato che lo smart working è possibile anche in percentuali molto più elevate di quanto si pensasse. Allora immagino meno ore di punta, perché le persone si sposteranno in orari più diffusi durante la giornata, ma un’incredibile necessità di organizzazione. In questa fase dove si deve mantenere il distanziamento sui mezzi pubblici è fondamentale arrivare, grazie alla tecnologia e alla digitalizzazione, a una sistematizzazione dei criteri di mobilità.
Quando il problema del distanziamento non ci sarà più ormai avremo imparato a muoverci in maniera diversa e le aziende a gestire in modo differente le persone: la connessione allo smart working si accompagnerà probabilmente a una smart mobility, quindi molti più sistemi di share mobility. L’obiettivo a cui secondo me si deve guardare a medio termine riguarda il perfezionamento del periodo di spostamento, che dovrà essere più efficiente e quindi a maggiore valore aggiunto.
R. Tiziano Onesti: Non posso che essere d’accordo. Questo stop ci ha indotto proprio a riflettere sul tema di queste domande, cioè quanto nelle nostre imprese si debba essere più partner e meno fornitori o clienti, meno massimizzanti del profitto. Nessuno oggi è da solo, nessuno è fondamentale, ma dobbiamo essere consapevoli che tutti insieme siamo importanti, perché siamo chiamati a curare il benessere collettivo, il benessere della persona, il benessere della comunità. Non deve esistere più un’impresa con la sua massimizzazione, ma un’impresa che aggrega e agevola tutta la filiera e il suo contesto. Quindi ad ogni livello dobbiamo imparare ad applicare questo modello di ecosistema.
Per quanto riguarda la mobilità l’impatto del Covid-19 è stato evidente. In questo periodo di emergenza è ormai prossima allo zero: non abbiamo alcun movimento, se non quello derivante dalle strettissime necessità, per giunta legato all’autocertificazione. Dopo, però, la mobilità sarà sicuramente più intelligente, l’esperienza di viaggio andrà curata in tutto. Dovremo abituarci a ragionare in questi termini e a convivere con contesti così complicati, perché, ripeto quanto detto da Zamagni, questo non è un cigno nero. Si riprenderà lentissimamente: negli studi si prevedono dai due ai quattro anni per tornare ai livelli di mobilità aerea pre-Covid, cioè a dicembre 2019.
È una grande opportunità per ripensare insieme il modello di sviluppo e di crescita delle nostre imprese. Dovremmo essere tutti consapevoli che forse è meglio essere gregge piuttosto che lupi solitari. Un’impresa da sola non prospera, non sa attrarre; abbiamo bisogno, invece, di imprese che riescano ad attrarre, che sappiano fare condivisione e reciprocità. Queste sono le cose più importanti.
Si possono trattare anche temi più specifici riguardo alla mobilità, ma il discorso più importante riguarda la sicurezza e l’incolumità: fino a quando l’individuo avverte il bisogno sanitario come non soddisfatto, non riesce a spostarsi, a presentare una domanda di mobilità. È necessario allora che ritorni quel senso di sicurezza.
Io credo che le regole del trasporto, visto che il concetto di trasporto significa creare ponti, legami e relazioni, debbano essere stabilite dal centro, un centro di livello internazionale per quanto riguarda gli aerei e di livello nazionale per tutte le altre modalità, le quali saranno sempre inevitabilmente le stesse, come giustamente ha detto Ugo de Carolis, ma sempre più intermodalmente connesse e collegate.
R. Mauro Caruccio: Di certo rispetto alla situazione che stiamo vivendo ci saranno fasi che dovremo affrontare con alcune necessità a breve termine e altre a più lungo. Nel nostro caso, in quanto player di mobilità, il Covid sta di fatto accelerando una trasformazione dell’azienda che era già in atto, da car company a mobility company. Nella nostra visione di mobilità le persone ricoprono un ruolo centrale e l’obiettivo è quello di assicurare loro la migliore soluzione attraverso modelli elettrificati, possibilmente a zero emissioni, ma anche e soprattutto attraverso dei servizi di mobilità di nuova generazione che le moderne tecnologie ci consentono di sfruttare. Partendo da qui vorrei dare una risposta riguardo il modello ecosistemico che sia a breve, medio e a più lungo termine.
Abbiamo introdotto recentemente una piattaforma del brand Toyota che ha l’obiettivo di fornire un ventaglio molto ampio di servizi per la mobilità, dallo sharing al pooling alle formule di noleggio, con soluzioni sempre elettrificate. Per noi la piattaforma Kinto deve offrire l’idea di inclusività, affidabilità, ma allo stesso tempo di qualcosa di intuitivo e soprattutto sostenibile. Questa sarà la risposta nel medio-breve periodo.
Mi piace, però, citare una prospettiva di più lungo periodo. Il gruppo Toyota ha presentato all’ultimo CES di Las Vegas una città, la Toyota Woven City, che verrà inaugurata nel 2021. Non parliamo di una prospettiva lontana, ma chiaramente la scalabilità di una soluzione del genere richiederà molto più tempo. In Giappone questa città inizierà ad operare dal 2021 su un’area di settanta ettari vicino al monte Fuji, dove in passato si estendeva un impianto produttivo. Sarà un ecosistema completamente connesso, basato su tecnologie a idrogeno e quindi del tutto sostenibile. Di fatto all’inizio verrà utilizzato un laboratorio vivente dove si testeranno e svilupperanno tecnologie che vanno dalla guida automatizzata alla robotica, dalla mobilità personale all’intelligenza artificiale. È qualcosa che può apparire futuribile, ma non lo è.
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